Io non sono ancora vecchia, ma ho il cuore malato di un vecchio desiderio, e sono tornata in questo luogo di musica sensuale per capire se non sia arrivato il momento di congedarmi dall’amore.
J. decide che non vuole più innamorarsi. Ha un matrimonio fallito alle spalle, non ha figli. Prende il suo gatto, il suo Ovidio che deve tradurre per lavoro e per passione e si ritira in Florida, a Miami, in una residenza soprannominata “Love boat”, che conserva i fasti del passato ma che sostanzialmente cade a pezzi. Proprio come il cuore di J.
J. decide di disinnamorarsi attraverso le sue giornate riflessive, le cure al vecchio gatto, l’ostinazione nel voler salvare una povera anatra che le sembra dispersa. Attraverso le persone che incontra, le passeggiate.
Attraverso la saturazione di amori vecchi, l’ascolto delle altre persone, l’osservazione delle dinamiche altrui, le fantasie erotiche di un corpo che ancora è vivo, i messaggi di un’amica fedele e sua madre.
E appunto, in realtà, J. non è mai veramente sola. Il suo congedo dall’amore è un continuo confronto con quest’ultimo. Nelle parole di Ovidio, negli incontri che fa. L’amore, in questo libro, c’è sempre.
Cambia, sì, come una metamorfosi, che rimanda a quell’Ovidio che J. deve riadattare. Nel quale si rifugia e cerca di trovare conforto. Un rifugio che vede continuamente l’amore scappare dall’amore. Ma non ci si può rinunciare. Mai. L’amore si trasforma, si traduce, cambia, ma non scompare mai. Appare sotto forme buffe, scandalose, come quelle che succedono nella sauna del condominio. Appare nel dolore di N. e P., un coppia che affronta un demone.
Meglio sole che nuvole, di Jane Alison, edito da NN Editore e tradotto da Laura Noulian, non è un libro facile. E credo che la traduzione del titolo tragga in inganno; in originale è Nine Island.
Se cercate la solita storiella divertente su una donna delusa dagli uomini che poi racconta aneddoti e avventure, avete sbagliato completamente libro.
A differenza di lei che si conforta con Ovidio, leggendo Meglio sole che nuvole, non troverete conforto nelle pagine della Allison, non troverete storie a lieto fine. Troverete una storia normale, la storia di chi ha subito delle delusioni e che ha bisogno di un po’ di respiro e di sana solitudine per riprendersi. Talmente normale che non servono i nomi per indicare i personaggi, ma solo le iniziali. Non troverete conforto neanche nelle storie intorno.
E non arriverete a nessuna conclusione: “Sì, sto sola per tutta la vita, non mi serve un compagno!”.
J. non è una “coach”, non dà ispirazione. La storia di J. accompagna. Si tratta di continui rimandi mentali che chi si trova a dover affrontare un fallimento d’amore fa ogni giorno per tante volte. Fino a che il tempo non sistema un po’ le cose. O fino ad altri amori.
Ho scoperto anche io che se ti rifugi in un posto lontano, poi non è vero che stai solo. Per J. è Ovidio, il gatto, Miami, l’anatra. Per me è stata la famiglia, comunque la si intenda. Non è da soli che ci si salva dall’amore. E in fondo lo sa pure J.
La fine del libro non è una fine. Si tratta dello spezzarsi dell’equilibrio creato dalla routine riflessiva e placida con un evento traumatico. Ma non sappiamo che cosa succederà né cosa sarà di J, né cosa ha deciso. Sappiamo però che dall’amore non ci si nasconde. Si impara a esserne non completamente dipendenti, ma poi l’amore non va da nessuna parte.
La scrittura di Jane Alison non è facile, non è leggera. Il libro si legge facilmente perché a fronte della complessità dello stile, ci troviamo a dover affrontare ogni volta piccoli frammenti. Il che rende tutto molto fluido. Una scrittura bellissima, sensuale, che però va assorbita. Va letto piano questo libro, per non perdere sfumature. E comunque, poi, non lo sai se ti piace o no.
Potrebbe essere che, leggendolo in una precisa condizione mentale, si rischi di usarlo per trovare conforto. Ma no, non arriva il conforto con J., arriva una compagna di viaggio, che come capita a tutti, è un po’ inciampata.
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