Lo scemo di guerra e l’eroe di cartone di Alberto Maria Tricoli

Lo scemo di guerra e l'eroe di cartone

«Ah, nenti… Libbertu è! Quello che è tornato ora, quello che dicono che tornò babbu e scimunitu… quello che in guerra per poco non si faceva ammazzare!»

***

«Nirìa chi?» ripetè Libbertu.
«Come chi? Nirìa! il condottiero! L’eroe! Vedi gli uomini dietro di lui? Quelli sono tutti vivi grazie a lui!».

Ne Lo scemo di guerra e l’eroe di cartone di Alberto Maria Tricoli, Edizioni Spartaco, a fare la scenografia è la Seconda guerra mondiale, in Africa e in Sicilia. A Vezzaría per la precisione, un paese immaginario dove e da dove i due protagonisti arrivano e partono.

Niría è “l’eroe”, ispirato a Enea che porta sulle spalle il figlio e il vecchio padre, che dopo una serie di vicissitudini, seguito da un manipolo di uomini, arriva a Vezzaría. Avventure che poco sono eroiche ma che tanto dicono sulle impressioni che gli altri hanno di noi, e sui capovolgimenti e sulle apparenze.

Libbertu, ispirato a un personaggio realmente esistito, è un uomo mite che decide di arruolarsi per fare la differenza. E finisce in Africa, nella disperata lotta alla sopravvivenza di un esercito italiano per niente preparato a quella guerra, a combattere per l’operazione Pugilist.
Sullo sfondo, intanto, si sviluppa anche Mincemeat, l’operazione dell’intelligence inglese per depistare lo sbarco in Sicilia delle truppe alleate, quella stessa Sicilia dei protagonisti.

Non sono storie facili quelle di Niría e Libbertu. Diverse e distanti, ma non semplici. Eppure, nonostante la crudezza, il dramma, la viltà e il coraggio, Alberto Maria Tricoli è riuscito a raccontare tutto anche con grande delicatezza. Vediamo le debolezze umane, le subiamo e ne soffriamo anche un po’, e finisce che da lettori, almeno io, proviamo grande empatia. E non ci resta l’amaro in bocca di un periodo folle della storia umana, ma la speranza che le cose poi hanno ritrovato il loro speciale equilibrio.

Ne Lo scemo di guerra e l’eroe di cartone succede una cosa che in realtà è vista e rivista, che accompagna ancora la nostra quotidianità e lo farà sempre: la Storia, quella che fa i destini di Stati e popoli che si mescola con l’amore, la passione, l’amicizia e tutti quei sentimenti che invece riguardano l’intimità anche del più piccolo uomo sulla terra.  E i loro, nostri destini, che tante volte sono condizionati da quello che gli altri pensano di sapere. E non ci si stanca mai di leggerne i risultati. Specie se poi ne esce fuori un libro delicato ma intenso come quello di Tricoli.

Un libro delicato anche nell’uso della lingua: un italiano semplice, velato da sfumature dialettali, che non pesa, ma anzi si fa leggere con grande leggerezza.

Una lettura per chi ama la Storia, certo, ma che anche non disdegna le storie di eroi ‘normali’. In fondo avremmo potuto tutti avere un nonno come Libbertu o Nirìa. Nonni che hanno combattuto le loro stesse guerre, per poi tornare nella loro personale Vezzarìa, acclamati oppure no, e riprendersi le loro vite. Storie di eroi normali, appunto.

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