Aibileen, Skeeter e Minny sono tre donne. Tre donne con l’abisso tra di loro. Aibileen e Minny sono due ‘negre’ al servizio delle borghesi famiglie dell’Alabama negli anni Sessanta. Skeeter è bianca, figlia della borghesia, appena tornata a casa dal college.
Dalle indagini per ritrovare Constantine, la domestica di colore che l’ha cresciuta e misteriosamente scomparsa, Skeeter si ritrova ad aprire gli occhi di fronte agli abusi sui diritti umani che quotidianamente lei, la sua famiglia, le sue amiche e il suo perfetto bianco mondo infliggono al popolo che vive oltre il ponte, i neri, che ogni mattina lavorano, puliscono e crescono i figli dei bianchi. E decide di indirizzare la sua passione per la scrittura verso la missione di far leggere ai bianchi cosa i neri pensano di loro.
E così le tre storie parallele di queste donne crescono, si intrecciano e diventano questo libro, ben scritto, ben fatto, coinvolgente (tranne che per l’insistenza
di congiuntivi sbagliati per riportare in italiano il modo di parlare sgrammaticato dei neri).
Un libro sul controverso rapporto bianchi-neri che però è anche un libro sul controverso rapporto donne di qualsiasi colore-uomini di qualsiasi colore. Questo lo rende un libro sulla tolleranza, sull’ignoranza, sull’amore.
Una nuova aria sta soffiando in America in quegli anni e le tre donne la colgono e accettano la sfida. Un libro nel libro è il risultato di tutto. Un libro, coro di più voci, che, volenti o nolenti i bianchi schiavisti, farà una crepa nel muro del razzismo, e la libertà per i neri comincerà a farsi tangibile.
Sulle orme di Harper Lee e il suo Il buio oltre la siepe, la Skeeter affronta l’isolamento che le società chiuse impongono crudelmente a chi non si adatta, e porta a termine il suo progetto. Aibileen e Minny si convincono che la loro condizione può essere cambiata e tutti impariamo la lezione della tolleranza e dell’uguaglianza, anche se, lo sanno le protagoniste del libro, lo sappiamo noi, c’è ancora molta strada da fare.