A volte ritorno di John Niven

a volte ritorno

Questa recensione è uscita originariamente su I-libri.com e potete trovarla qui.

Metti che Dio, in pieno Rinascimento, decida di andarsi a fare una vacanza. Quando ritorna, dopo una settimana per lui, ma 400 anni per gli uomini, è successo di tutto. Guerre, genocidi, terrorismo e fanatismi vari. Grazie al libero arbitrio che sembrava il dono più grande che Dio potesse farci, gli umani sono alla deriva e non resta che trovare al più presto una soluzione.
E così, a Gesù, figlio capellone e sballato, non resta che tornare sulla terra a rifare tutto il lavoro già fatto secoli prima che, come ben sappiamo, non era finito bene. Solo che stavolta si ritrova negli USA, è un musicista scapestrato e bravissimo, dal grande cuore, che passa le giornate ad aiutare le persone più deboli e gli sfigati, a fumare marijuana a più non posso e a suonare, che è praticamente l’unica cosa che sa fare. Cerca in ogni modo di diffondere il suo messaggio, cioè l’unico vero comandamento che Dio avrebbe voluto trasmettere agli uomini (se Mosè non avesse fatto di testa sua): “Fate i bravi”. Viene arrestato, picchiato, molestato in continuazione. Fino a quando a uno dei suoi ‘discepoli’ viene un’idea: far partecipare Gesù a un talent. Il più famoso e seguito talent d’America. Un modo moderno per trasmettere il messaggio di Gesù. E fare anche un bel po’ di soldi. A quel punto succede di tutto: un viaggio on the road da New York a Los Angeles, la musica, la gara, i soldi. Eventi che ci sbattono in faccia tutti i modi che abbiamo usato per deviare da quel semplicissimo “fate i bravi”.

John Niven in A volte ritorno non risparmia nessuno. Ridiamo tantissimo, certo, ma non ne usciamo affatto bene. Santi, profeti, preti e predicatori, autorità varie, tutti vengono attaccati e rivoltati come calzini. Nel mondo ideale che vorrebbero Dio e Gesù le armi vengono confiscate, ognuno collabora come può, si aiutano i più deboli, tutti sono i benvenuti, non si predica niente e nessuno è a capo di niente. Niente immagini sacre, niente chiese, nessuna discriminazione. Le persone possono avere dubbi e le debolezze vengono sempre perdonate. Ma, appunto, si tratta un mondo ideale.

Un libro provocatorio che ci rinfaccia tutte i misfatti umani. Ma anche un libro divertentissimo, acuto e profondo. Dal linguaggio diretto, senza scrupoli, chiaro. Come la storia che racconta. Un libro che offende i bigotti e forse anche qualche cristiano non troppo bigotto. Ma che potrebbe piacere a chi non si prende troppo sul serio, nonostante la fede. Un libro moderno, che prende un concetto un po’ impolverato e appesantito da pregiudizi, bugie e cattiverie, e lo racconta come dovrebbe essere raccontato oggi. Senza troppa retorica e con razionalità. Perché, parliamoci chiaro, le armi, l’omofobia, il razzismo e i fanatismi (e anche i talent, sì) fanno parte del nostro presente, della società in cui viviamo ora. Proprio in questi giorni. E se Gesù dovesse tornare, si troverebbe ad affrontare davvero tutto questo. E l’idea di un Gesù capellone, con le converse sbrindellate, che suona come un dio, che impegna la sua chitarra per comprare da mangiare agli amici non è poi così terribile, no?

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